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Rassegna di pittori italiani

Solo quadri di artisti che utilizzano un linguaggio pittorico chiaro e aderente alla realtà.  Immagini, ma anche conversazioni e saggi su tecnica e interpretazione della pittura e della storia dell'arte.

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Non più ignavi? (con punto interrogativo) è stato il titolo di una esposizione di un gruppo di pittori italiani che si è svolta in Corso Garibaldi, 17 a Reggio Emilia. La rassegna è iniziata con un vernissage il 17 dicembre 1999 ed è rimasta aperta fino al 30 gennaio 2000. Hanno partecipato i seguenti artisti: Fabrizio Artoni,  Aldo Astolfi,  Dicre,   Cesare Bonavita,   Carlo Govoni,   Iorio Antonio,   Lopez,   Luciano Macalli,  Gabriele Maloberti,   Fabio Ori,  Grazia Simeone e Paolo Ventriglia.

Nel giorno del vernissage c'è stata una esibizione dell'attrice Caterina Lusuardi e del poeta Benedetto Valdesalici. Quest'ultimo è uno psichiatra, ex direttore del SERT (Servizi per le Tossicodipendenze) di Reggio Emilia, scrittore e poeta.

1999 non piu ignavi catalogo expo copertina

La copertina del catalogo dell'esposizone

 

La presentazione dei pittori è stata scritta da Carlo Govoni, pubblicata sul catalogo, che qui riportiamo.

 

Non ragioniam di lor, ma guarda e passa!

Virgilio dice a Dante:

"Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte
e la loro cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidiosi son d'ogni altra sorte.
Fama di lor il mondo essere non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa!" 


Chi sono quelle persone che Virgilio disprezza con tale enfasi da dire: "...non ragioniam di lor, ma guarda e passa!"?  Sono gli ignavi, sono coloro che nella vita hanno sempre vissuto nell'ombra. Continuiamo a leggere il testo dantesco e troveremo queste parole:

"E io, che riguardai, vidi una insegna 
che girando correva tanto ratta,
che d'ogni posa mi parea indegna;
e dietro le venia sì lunga tratta
di gente, ch'io non avrei creduto
che morte tanta n'avesse disfatta."

Gli ignavi sono un'infinità e Dante non si aspettava di vederne così tanti. Gli ignavi per lui, sono coloro che nella vita non hanno fatto nulla. Che hanno vissuto nell'ombra, che non hanno mai preso decisioni, che non hanno avuto coraggio.
Chi sono, secondo me e forse anche secondo Dante, gli ignavi?  Sono coloro che non hanno fatto nulla per ricercare la verità e per seguire il proprio senso morale. Sono tanti, tantissimi. Perchè ho parlato di ricerca della verità?
Questo è stato il problema centrale dell'uomo di tutti i tempi, ma questo problema è fondamentale nell'uomo del ventesimo secolo. Karl Popper e molti filosofi contemporanei sostengono che il non riuscire a distinguere il vero dal falso è il più importante problema della nostra società.
Esiste per l'uomo che si affaccia al terzo millennio un duplice problema.
Esiste un problema scientifico, espresso dai limiti delle conoscenze umane che gli impediscono di riconoscere e comprendere perfettamente determinati fenomeni.
Esiste anche un problema generato dagli uomini. La diffusione di concetti falsi con finalità ben precise allo scopo di mistificare la verità.  L'ignavo non è chi non riesce a distinguere il vero dal falso. L'ignavo è colui che non vuole distinguere il vero dal falso. E' colui che accetta passivamente tutto. La ricerca del vero è un fatto importante, di cui sono consapevole. Sono perfettamente consapevole degli sforzi che si devono fare per ricercarlo.
Per far capire subito che non voglio farmi troppe illusioni e nemmeno voglio indurre il lettore a facili illusioni cito subito un'altra frase fondamentale, scritta dalla massima autorità scientifica del XX secolo:

"Nel campo di coloro che cercano la verità non esiste alcuna autorità umana. Chiunque tenti di fare il magistrato viene travolto dalle risale degli dei."                        Albert Einstein (1879-1955)

Un problema fondamentale dell'uomo è quindi il riconoscimento del vero. Non si può prlare di tutto, mi limiterò a parlare del vero e del falso nell'arte.

Il problema fondamentale dell'arte è riconoscere quelle opere che sono vere opere d'arte dalle altre.
Fin dagli inizi della storia dell'umanità l'uomo ha sempre dovuto affrontare questo problema, ma nel ventesimo secolo il riconoscemento del vero ha assunto una dimensione nuova.
Dobbiamo tenere presente che gli uomini hanno un duplice atteggiamento: c'è chi vuole ricercare la verità e chi non la vuole cercare. Alcune volte il duplice atteggiamento citato è presente nello stesso uomo, il quale, per alcune circostanze vuole la verità, per altre vuole che non si sappia la verità. Il fatto che molti uomini abbiano sempre cercato di imbrogliare celando il vero non è una novità; è una circostanza che è sempre accaduta nel passato ed anche nell'ultimo secolo del secondo millennio. L'ultimo periodo si differenzia dai precedenti perché è quel periodo dove c'è stato il maggior contributo tecnologico per arrivare a documentare e ricercare il vero, rispetto ad ogni altro secolo.
La fotografia, la cinematografia, le registrazioni sonore, le analisi fisico chimiche, le memorie magnetiche, sono tutti mezzi che erano pressochè sconosciuti del XIX° secolo. Chi vuole analizzare gli ultimi cento anni deve tenere in considerazione che mai, come in questo periodo, ci sono stati a disposizione delle persone numerosi mezzi per studiare la realtà, riprodurla, memorizzarla, analizzarla, confrontarla, ecc.
Molti studiosi hanno sempre interpretato l'invenzione e la diffusione della fotografia come un mezzo tecnico, che ha liberato l'artista dal problema della riproduzione del vero. Io credo che il problema, se lo osservassi solo nei termini suddetti, mi offrirebbe una visione parziale.
Questi mezzi tecnici permettono di farci un'idea di un pittore anche vedendo pochi suoi quadri. Io, con l'ausilio di libri e fotografie, posso rendermi conto di tutta l'opera di un determinato autore. Questi mezzi mi permettono di comprendere la sua evoluzione pittorica, il suo stile, il suo discorso pittorico.
I mezzi che ho a disposizione mi sono anche d'ausilio per riconoscere la grandezza pittorica di un uomo, per stabilire se è un vero artista; in altre parole posso utilizzare questi mezzi per distinguere il vero dal falso. Questa possibilità è nelle mani di qualsiasi critico, o meglio nelle mani di qualsiasi persona. Quindi ci si dovrebbe aspettare che le considerazione tratte dagli uomini di questo secolo siano maggiormente improntate alla ricerca del vero. La realtà del XX° è tutto l'opposto. Questi cento anni sono stati percorsi da una volontà contraria. Il non voler distinguere il vero dal falso è stata una sua caratteristica dominante.
Sono perfettamente convinto che nell'ambito della critica d'arte, in riferimento al problema fondamentale che ho posto all'inizio di questa trattazione, cioè il riconoscimento delle vere opere d'arte rispetto a quelle che non lo sono, l'atteggiamento dominante sia stato quello di non voler riconoscere le vere opere d'arte.
Lo stesso discorso si applica ai problemi della vita. Il non voler riconoscere la verità in quasi tutti, per non dire tutti gli ambiti della vita civile è la caratteristica dominante del XX° secolo.
Cercherò ora di spiegare meglio perché l'uomo del XX° secolo, nonostante i mezzi a disposizione, abbia manifestato, nei fatti, la volontà di non voler distinguere il vero dal falso.
Credo che nei secoli passati molti uomini fossero preoccupati di risolvere i loro problemi primari, quindi il fatto di essere liberi e quello di avere un'autonomia di pensiero non sono stati così importanti. Vedo come un periodo profondamente innovativo la seconda metà del settecento.
In quel periodo si sviluppò una "rivoluzione" nel pensiero dell'uomo di cui il massimo artefice fu il filosofo tedesco Immanuel Kant.
Egli, nel 1784 diede la seguente definizione:

"L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude!  Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza. E' questo il motto dell'illuminismo."

In queste parole c'è tutta l'impostazione della vita di ogni persona.
Vediamo ora come si è effettivamente sviluppata la vita culturale.
Nella seconda metà del settecento si affermava il predominio del sapere scientifico, ma questo era estremamente limitato. Si affermava la superiorità dell'intelletto, ma i mezzi tecnici per sostenere la memoria, elemento fondamentale per sviluppare l'intelletto, erano minimi: c'era solo la scrittura, il disegno e la stampa. Possiamo vedere la seconda metà del settecento come un periodo con belle idee, ma pochissimi mezzi per realizzarle. Nei due secoli successivi avremo un'evoluzione particolare. Da un lato l'uomo migliora notevolmente le sue conoscenze. L'evoluzione scientifica compie passi giganteschi. I mezzi a disposizione dell'uomo per comprendere la relatà sono notevoli. Il XIX° secolo rappresenta un secolo di passaggio dove si svilupperanno quelle invenzioni scientifiche che saranno determinanti per capire la realtà.
Il XX° secolo è il secolo dove l'evoluzione tecnologica è massima.
D'altra parte abbiamo un'evoluzione dell'uomo che non segue assolutamente questa linea.
L'ultimo secolo del millennio sotto l'aspetto politico si caratterizza per il crollo delle monarchie e il trionfo delle democrazie. Questo dato, apparentemente, dovrebbe costituire un elemento a favore del trionfo dell'individuo.
La relatà, purtroppo, è ben diversa. Il trionfo delle democrazie va di pari passo col trionfo dei sistemi di condizionamento dell'uomo.
Il problema era stato già intuito da Kant il quale intravedeva come molti uomini non avessero il coraggio di far uso del proprio intelletto e quindi esprimersi di conseguenza.
Credo che soprattutto la seconda metà del XX° secolo si caratterizzi per un fatto peculiare, proprio di questo periodo: il trionfo delle dittature invisibili.

Facciamo un passo indietro e vediamo come avviene la ricerca del vero.
Il problema della ricerca del vero coinvolge tutti. Sia chi si occupa di scienza e sia chi si occupa di manifestazioni artistiche.
In tema d'arte, ed in particolare di arte figurativa, noi dobbiamo valutare due aspetti della ricerca del vero.
a - La verità nell'ambito del giudizio critico.
b - La verità nell'esame delle opere d'arte.
Il primo argomento è la risposta a questo quesito: i critici d'arte esprimono il vero?
Il secondo argomento è forse più semplice da comprendere: l'opera d'arte che abbiamo di fronte è vera o falsa?
Ritengo che sia più facile affrontare per primo il secondo argomento.

Opere d'arte vere e false.
E' questo un argomento che viene spesso dibattuto in riferimento a casi particolari, mentre raramente viene visto come un fenomeno caratteristico del XX° secolo. Voglio parlare della realizzazione e della diffusione di opere false. In realtà questo, per diversi motivi che illustrerò meglio in seguito, è un problema fondamentale tipico dell'ultimo secolo. 
Prima di affrontarlo nei dettagli desidero fare un chiarimento: le copie e le opere false.
Le copie di un'opera d'arte non sono dei falsi.

Copia di un'opera d'arte.
La copia è il risultato di un'attività, soprattutto pittorica, ma anche grafica o scultorea, dove un uomo cerca di riprodurre fedelmente l'opera di un altro artista. Il copiare un quadro è un'abilità didattica o professionale importantissima per tutti coloro che hanno ambizioni artistiche. Copiare un quadro vuol dire passare delle ore davanti a quel quadro. Le attività d'analisi e creative che esistono nel realizzare una copia sono importantissime. 
Chi copia deve percorrere a ritroso il percorso compiuto dall'autore. Deve ricavare il disegno e poi trasformarlo immutato o ingrandito o rimpicciolito sulla tela. Dopo deve sviluppare tutta la parte tecnica della pittura. In alcuni casi si arriva a raffinate ricerche allo scopo di creare il colore o le vernici cercando di ripetere le medesime tecniche del passato. La copia di un quadro è sicuramente un'attività formativa importante per ciascun uomo che si dedichi all'arte.
L'attività del copiare un'opera ha una sua creatività, anche se è priva  dell'originalità della composizione e del contenuto.
Non c'è, nel copiare un'opera, alcuna attività illecita.
Questo perchè l'uomo che copia appone la propria firma o indica che si tratta di una copia di un determinato quadro. Nella copia non c'è alcuna volontà di ingannare. In tutte le scuole d'arte, da sempre, si è insegnato a copiare quadri o disegni e quasi tutti i pittori hanno eseguito delle copie. Sono sorte, soprattutto negli ultimi decenni del XX° secolo delle organizzazioni di pittori che eseguono copie di quadri famosi. E' perfino possibile chiedere la copia di un determinato quadro.
La copia di un'opera non esprime un messaggio da parte dell'esecutore, e quindi una copia non potrà mai essere considerata un'opera d'arte in senso stretto. Nell'ambito delle copie d'opere d'arte si possono trarre utili elementi per valutare le capacità tecniche dell'esecutore. Non mi sembra fuori luogo parlare di "arte della copia".
Ritengo questo un discorso a sé stante che mi limito solo a nominare. La sua trattazione esula dagli scopi
 di questo scritto.
In conclusione la copia è solo un mezzo didattico per apprendere alcune tecniche, non presenta la volontà di ingannare; quindi è un'opera artistica perfettamente lecita.

Opera d'arte falsa.
Un'opera è falsa quando è stata eseguita con lo scopo di ingannare gli osservatori. Distinguiamo due tipi di opere false.

a)  Ci sono opere eseguite allo scopo di ingannare soprattutto gli esperti d'arte. Queste opere non sono mai delle copie, ma sono dei quadri eseguiti con lo stesso stile di un determinato Artista allo scopo di apparire tra le migliori opere di quel Maestro. Ho trovato il termine di "falso vituoso" in un libro di Vittorio Sgarbi e ritengo questo termine perfettamente idoneo allo scopo. Il falso virtuoso è un'opera che vuole competere con le migliori opere di quel determinato Artista.

b)  Esistono inoltre le opere eseguite in modo da apparire come quadri di un determinato artista o pittore. Sono opere eseguite per rispondere alla forte richiesta di quadri da parte di galleristi o mercanti per accontentare un pubblico sempre più vasto. Definisco queste opere: falsi commerciali.

Realizzazione di un'opera falsa commerciale.
La realizzazione di un'opera falsa è un'attività svolta da pittori che non sono famosi. Essi cercano di individuare le caratteristiche tecniche di un artista famoso e realizzano opere come quell'artista avrebbe potuto fare. Questa attività è spesso limitata ai pittori contemporanei del falsario ed è stata molto fiorente nel XX° secolo.
E' molto facile per chi vuole falsificare quadri di un pittore contemporaneo trovare le stesse tele, gli stessi colori ad olio, le stesse vernici.

Il XX° secolo è sicuaramente il periodo dove c'è stato il maggior numero di realizzazioni di opere false.
Il primo motivo è rappresentato dalla continua ricerca di opere da acquistare da parte del pubblico e dei collezionisti. La notevole richiesta del mercato di alcuni tipi di opere è la molla che fa scattare l'attività dei falsari.
L'inserimento di un falso nel mercato dell'arte spesso avviene con la complicità di mediatori o altre persone. Il fenomeno, per le sue dimensioni, è peculiare di questo secolo.
I motivi sono diversi:
- maggior disponibilità di denaro per acquisti voluttuari e quindi maggiore richiesta di opere;
- estrema rapidità con cui un artista acquista notorietà e fama;
- notevole facilità nel reperire gli stessi materiali (tele, supporti, colori, pennelli, ecc.) utilizzati dall'artista che si vuole falsificare;
- incapacità dei critici di riconoscere un'opera moderna vera da una falsa.
Se osserviamo i problemi tecnici che portano all'esecuzione di un'opera falsa per motivi commerciali, si capisce che il falsario del XX° secolo è notevolmente facilitato. Non sono richieste grosse capacità artistiche per imitare un quadro di un esponente della pop-art, o dell'arte povera, o di un qualsiasi astrattista.
L'altro problema importante è che i critici d'arte che restano estasiasi davanti a macchie di colore, o davanti ad una superficie tagliata non sono in grado di capire se quelle macchie o se quei tagli sono stati effettivamente eseguiti dall'artista o da un'altra persona una decina di anni dopo. La facilità nel realizzare delle opere false e le difficoltà nel loro riconoscimento sono, in ultima analisi, la dimostrazione dello scarso valore delle opere contemporanee.

La facilità nella realizzazione tecnica del falso commerciale.
Quasi tutti i quadri che vengono contraffatti sono dipinti astratti, impressionisti, post-impressionisti. La facilità nella loro realizzazione tecnica da parte del falsario dimostra che l'artista, nell'eseguire la sua opera, non ha dovuto affrontare notevoli problemi. Il fatto che un qualsiasi pittore mediocre sia in grado di realizzare un'opera astratta, o post-impressionista, dimostra che non c'è, dietro a queste opere, il supporto di una tecnica elaborata e raffinata. Riprodurre quadri tecnicamente molto semplici è stato alla base della diffusione di falsi commerciali.

I falsi virtuosi.
Agli inizi del secolo i teorici dell' art nouveau avevano sostenuto che l'opera d'arte è un'opera d'artigianato e doveva contenere dei virtuosismi tecnici. Voglio ricordare alcuni casi di falsi virtuosi.
Anton Raphael Mengs dipinse un affresco con Giove Ganimede al solo scopo d'ingannare lo storico e critico d'arte Winckelmann.
In tempi più recenti c'è stato un caso che di falsario virtuoso che merita di essere ricordato.

Il caso di Han van Meegeren.
Han Anthonius van Meegeren nacque a Deventer (Olanda) nel 1889. Egli fece studi tecnici e fin da giovane si sentì attratto dalla pittura. Nel 1913, a 24 anni, dipinse disegni e acquerelli cercando di riprodurre il gusto olandese del '600 ed ebbe i primi riconoscimenti dalla critica.
L'anno seguente superò gli esami all'accademia artistica dell'Aja.
In quegli anni organizzò diverse mostre personali e presentò opere che rievocavano i temi biblici.
Il van Meegeren riusciva a vendere discretamente i suoi quadri e, all'inizio della sua attività ebbe un discreto successo di critica.
Egli perfezionò la sua tecnica pittorica, ma i quadri successivi non ottennero quei consensi che il pittore sperava di ottenere. Nel 1932 abbandonò l'Olanda per trasferirsi nella Francia meridionale.
Secondo alcuni storici fu qui che iniziò a meditare l'idea di falsificare quadri.
Durante gli ultimi anni di permanenza in Olanda ed il soggiorno in Francia dipinse soprattutto ritratti. Egli fu un ottimo ritrattista, capace di rappresentare molto bene i volti e le espressioni umane. Questi quadri gli permisero di ottenere buoni guadagni, ma non riscosse un pari successo di critica. Gli "esperti" del suo tempo lo criticarono ampiamente perché i suoiritratti erano troppo aderenti al vero e paragonabili a delle fotografie.
Occorre tener presente che eravamo nel decennio che precedette la seconda guerra mondiale. Un momento storico dove l'astrattismo era molto diffuso: La pittura astratta rappresentava il nuovo, mentre il riprodurre fedelmente le sembianze umane era considerata dai critici un'attività deprecabile.

Analizzare un volto, comprenderne l'anatomia, capirne l'espressione era considerata un'attività non artisitica.
In quegli anni non si doveva assolutamente dipingere il vero.

Van Meegeren nel 1939 dovette ritornare in Olanda a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. Alla fine del conflitto il van Meegeren venne accusato di collaborazionismo con i tedesci per aver venduto al gerarca nazista Hermann Göring (Goering) un quadro di Jan Vermeer dal titolo "Cristo e l'adultera" e al comandante delle SS Heinrich Himmler altri quadri del seicento per un valore di cinque milioni e mezzo di fiorini. 
Il 29 maggio 1945 van Meegeren venne arrestato con l'accusa di aver collaborato con i tedeschi. Egli si difese affermando che il quadro "Cristo e l'adultera" l'aveva dipinto lui stesso, assieme ad altri quadri, tra il 1935 e il 1943.
Le opere eseguite da van Meegeren alla maniera di Vermeer non sono poche.
Ho appena ricordato "Cristo e l'adultera"  (cm 96 x 88) dipinto nel 1940-41 e venduto a Hermann Göring per 1.650.000 fiorini. A questo quadro si deve aggiungere "La lavanda dei piedi" (115 x 95) che venne acquistato dal Riiksmuseum di Amsterdam nel 1943; "La benedizione di Giacobbe" (151 x 115) acquistata nel 1942 da W. van der Vorm per 1.275.000 fiorini. 
Altri quadri falsi imitando Jan Vermeer furono dipinti da van Meegeren: "Incontro in Emmaus" acquistato dal Boimans Museum di Rotterdam nel 1937 per 550.000 fiorini e "L'ultima cena" (174 x 244) acquistata da van Beuningen nel 1941. 
Hans van Meegeren vendette anche un "Busto del redentore".

Interessante è la vendita del primo quadro falso: "Incrontro in Emmaus"
Il van Meegeren lo mostrò al critico d'arte Abraham Bredius durante un suo passaggio in Costa Azzurra. Il critico restò impressionato, riconobbe subito la mano del grande maestro olandese Jan Vermeer. Egli presentò il quadro agli studiosi sulla rivista "Burlington Magazine". Il quadro subì controlli importanti: resistenza dei colori ai solventi, analisi della biacca, radioscopia, esame spettroscopico delle sostanze coloranti. Tutti confermarono l'autenticità del dipinto.
Gli elogi a quest'opera furono innumerevoli. La rivista "Pantheon" riportò un articolo in cui si sosteneva che mei un'opera d'arte era diventata universalmente celebre in così poco tempo.
Van Meegeren venne accusato di collaborazionismo, per sottrarsi all'accusa confessò di aver eseguito lui stesso il quadro venduto a Göring e di aver eseguito anche altri quadri che erano stati attribuiti al Vermeer allo scopo di vendicarsi dei critici. La giustizia olandese mise alla prova il van Meegeren, il quale in carcere, sotto sorveglianza, dipinse nel 1945 il quadro "Gesù tra i dottori" (157 x 202). 
Il quadro venne elaborato fino ad un ottimo livello, ma non ultimato.
L'opera fu sufficiente per far capire che anche gli altri quadri erano stati eseguiti non da Vermeer ma da Hans van Meegeren. 
Il pittore olandese venne condannato per falso ad un anno di carcere. Egli morì a 58 anni il 30 dicembre 1947.
Van Meegeren era un pittore che non riusciva ad affermarsi e secondo la sua opinione i critici che lo giudicavano non erano in grado di capirlo.
Egli aveva compreso che la maggioranza dei critici avevano scarse conoscenze tecniche. Li considerava semplicemente dei venditori di parole. Parole che ovviamente possono fare molto male; parole che gli hanno distrutto la vita.
Lo stimolo che ha spinto quell'uomo a realizzare un'opera d'arte falsa è il voler dimostrare che è in grado di realizzare un'opera migliore o perlomeno paritetica a quella dell'artista che ha voluto imitare (falso virtuoso). 
In altri casi lo stimolo è costituito dal denaro, il falsario realizza un'opera che attraverso galleristi o mercanti, con l'ausilio di critici, viene venduta (falso commerciale).
I due tipi di falso sono ben distinguibili: - il falsario virtuoso agisce da solo e contro i critici; il falsario commerciale si avvale della collaborazione dei critici e dei commercanti. 
Chi esegue un falso commerciale ha come obiettivo ricavare denaro, anche se la sua opera può contenere virtuosismi tecnici.
L'uomo che esegue un falso virtuoso ha come obiettivo la volontà di dimostrare la non competenza degli esperti d'arte.

Perchè avviene questo fenomeno nella nostra società?
Perchè un uomo vuole dismostrare la non competenza degli esperti?
Questo accade perché molti uomini in modo intuitivo o con vera cognizione di causa, capiscono che molti esperti sono persone che parlano e scrivono d'arte senza avere idonee basi culturali, oppure enfatizzano un pittore e denigrano un altro solo per motivi d'interesse. In altre parole il "falsario virtuoso" è un pittore o uno scultore convinto che la critica sia falsa. 

Non dobbiamo dimenticare che molte persone hanno sacrificato la loro vita per dipingere o per realizzare statue. Coloro che hanno vissuto tra i due secoli XIX° e XX° hanno visto da un lato il tramonto del romanticismo, del realismo e dell'arte neoclassica. D'altra parte hanno visto il sorgere di una rivoluzione pittorica iniziata con l'impressionismo. Hanno potuto vedere che l'impressionismo aprì la strada ad altri movimenti: espressionismo, futurismo, cubismo e da ultimo l'astrattismo. Sicuramente i pittori che avevano studiato arte si sentivano tecnicamente molto capaci, avevano fatto sacrifici di ore ed ore di lavoro per dipingere quadri che poi sistematicamente venivano denigrati da una critica che li bollava con termini come: tradizionale, reminiscenze romantiche, di maniera, ecc. Quella stessa critica esaltava quadri che potevano apparire come degli abbozzi. Un esempio fra tanti è l’acquarello di Wassilij Kandinskij del 1910, opera nota come Primo aquarello astratto della storia. Un foglio sporco di colore dipinto da un laureato in legge che non aveva alcuna preprazione tecnica sulla pittura, che prima di allora non aveva mai dimostrato di saper eseguire un quadro tecnicamente ben fatto. La realtà del XX° secolo era che Kandinskij veniva esaltato e Han van Meegeren e molti altri bravi pittori venivano totalmente trascurati.

Apro una parentesi per ricordare una frase di Confucio (551 a.C. - 479 a.C.).

Se i concetti non son giusti,
le opere non si compiono;
se le opere non si compiono,
arte e morale non prosperano,
se arte e morale non prosperano,
la giustizia non è precisa,
se la giustizia non è precisa;
il paese non sa dove poggiare.

E' questa una massima estremamente interessante perché unisce elementi fondamentali della vita umana come i concetti (o il pensiero), le opere, l'arte, la morale, la giustizia e l'instabilità del paese. E' una massima vera, proprio perché vera si adatta a tutte le situazioni della vita.
Applichiamola al nostro tempo. Proviamo a leggerla con occhi disincantati come potevano essere quelli di Han van Meegeren.
Il falsario virtuoso è colui che ha capito che "i concetti" espressi dagli esperti "non son giusti". Gli esperti hanno espresso concetti non veri (per ignoranza, ma in buona fede) oppure falsi, quindi hanno intenzionalmente mentito.
Gli esperti d'arte avendo espresso concetti non giusti non hanno svolto la loro opera, cioè non ci sono state critiche autentiche. In altre parole "le opere (critiche) non si compiono".
Nella società si diffondono quindi delle opere critiche non veritiere, pertanto "l'arte (della critica) e la morale non prosperano".
Se l'arte della critica e la morale non prosperano "la giustizia non è precisa". Chi si sente bravo e superiore agli altri si sente ingiustamente danneggiato da un giudizio impreciso, pertanto il sistema (nel caso specifico: la critica d'arte) non sa dove poggiare, quindi crolla. 
Il falsario virtuoso vuole dimostrare che i critici non dicono il vero. Diventa difficile dimostrare se non dicono il vero per ignoranza o per malafede. Su questo dilemma occorrerebbe valutare ogni singolo caso. 
Il punto importante è questo: i critici non dicono il vero. 

Il falsario virtuoso dimostra con la sua opera "falsa" che il critico sbaglia, è facilmente ingannabile.
Il falsario vuole dimostrare che il critico non è credibile perché non asserisce il vero.
Il caso van Meegeren dimostra che i critici non hanno saputo assolvere al loro compito. Essi avrebbero avuto il dovere di sostenere la verità, cioè stimolare i migliori, mentre si sono dimostrati del tutto incompetenti.

(...)
Il falsario virtuoso è colui che vuol far capire alle persone, a tutti coloro che mostrano sempre un'eterna indifferenza su tutto, gli ignavi, che esiste una verità ben diversa da quella che ci viene prospettata. Il falsario virtuoso è colui che combatte la critica falsa e lotta per la ricerca del vero.  (...)

Ho desiderato ricordare Han Anthonius van Meegeren perché lo ritengo l'artista più significativo del nostro tempo.
Vedo questo pittore olandese come un uomo simbolo del XX° secolo. 

Anche in tempi più recenti ho potuto, di persona, verificare quanto sia poco profondo l'atteggiamento dei critici d'arte. Presento in questa rassegna due quadri che realizzai negli anni della contestazione e che esposi in una mostra di pittura a Modena. Si tratta di due copie: la "giovane con pappagallo" e la "giovane che suona il mandolino".

 (...)

  Carlo Govoni      -   Verbania, novembre 1999

 

1999 non piu ignavi catalogo expo pag.15Pag. 15 del catalogo "NON PIU' IGNAVI ?"

 

1999 non piu ignavi catalogo expo ultima copertina

La quarta pagina di copertina del catalogo:  NON PIU' IGNAVI ?

 

 

Reggio Emilia, 16 agosto 2014
Nei giorni successivi alla morte (30 dicembre 1947) un sondaggio individuò in Han van Meegeren l'uomo più popolare d'Olanda. Nella requisitoria del Pubblico Ministero durante il processo, nell'aula, risuonò una frase: "Tutto il mondo dell’arte viene sconvolto e si comincia a dubitare anche del valore dei giudizi estetici."  Parole encomiabili, in quell'aula venne dimostrata con chiarezza la totale incompetenza dei critici d'arte, ma tutto restò uguale. Van Meegeren venne condannato ad un anno di carcere e i professori universitari che avevano scritto, riferendosi al Cristo in Emmaus, come "... la rivelazione artistica del secolo" oppure"la grande opera d’arte strappata all’oblio" o avevano inneggiato "alla scoperta del più grande Vermeer" mantennero inalterate le loro posizioni di priviliegio. Mantennero le loro cattedre, continuarono a fare il loro lavoro di esperti sia per privati e quasi certamente anche per i giudici dei tribunali olandesi.

 

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Meglio è la piccola certezza che la gran bugia.  Leonardo da Vinci (1452 - 1519)

L'essere umano ha poche certezze: questa è la vita. Tra coloro che si qualificano esperti d'arte ci sono grandi bugiardi che sostengono l'astrattismo, la street art e tutte le innumerevoli degenerazioni che da un centinaio d'anni si susseguono senza fine. In questo sito si vuole stare dalla parte delle piccole certezze.

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